Se in una stanza aleggiano le note di un esercizio per harmonium scritto da Ludwig Van Beethoven, è inutile chiedersi perché.

Forse più giusto sarebbe domandarsi: perché no? Lo stesso discorso potrebbe riguardare Edvard Grieg o Frederic Hendel, e tutta quella schiera di compositori del passato che sembrano quanto mai vivi e attuali se se ne percepiscono le sfumature e le diminuite e i giochi di maggiori e di minori che regolano il ritmo della vita e della loro poetica musicale. Curioso come pochi, Raimondo Rossi in versione musicista (perchè lui è un artista a tutto tondo), gira e rigira fra le mani un disco di Art Tatum e si chiede come facciano quelle dita a picchiare e accarezzare i tasti come fossero fiori da cogliere. Se gli chiediamo di Keith Jarrett ci guarda come se stessimo parlando di un intoccabile, di un inarrivabile, di un mostro con archetti al posto delle falangi, ma poi si intenerisce al pensiero di Benedetti Michelangeli e coglie l’abilità di Maurizio Pollini alle prese con Chopin: dalla musica classica alla sinfonica, dall’operistica fino al Jazz il genio è il genio e, come tale, va riconosciuto. Tastierista fin da bambino, il caso gli ha fatto uno dei regali più belli che potesse aspettarsi, ha ritrovato dopo anni il vecchio harmonium, quello strumento a pedali tesi ad azionare il mantice, con cui si è avvicinato al grande mondo della musica fino a diventarne un protagonista. E mentre le dita premono tasti ingialliti dal tempo, sembra quasi che la sua mente torni per un momento all’oratorio, all’odore dell’incenso delle cerimonie sacre, alla ritualità di una fede profonda e mai scontata. “La musica? È Bach”, ama ripetere mentre la sua voce si fa sommessa quasi a volersi scusare con tanto genio. Pianista, ma ancora di più organista, Raimondo Rossi ama accompagnare le note degli strumenti con la sua voce sottile, calda, quasi ne volesse seguire lo scorrere lento e il lento posarsi su fantasie che volano. Si parla delle ali della musica come fossero un sogno irraggiungibile, eppure basta davvero poco: sedersi, ascoltare melodie e provare a vivere.

Regia: Umberto Croci, Riprese: Umberto Croci  Marco Croci, Presa diretta: Marco Croci, Montaggio: Umberto Croci, Musica: MUxy, Producer: Emanuela Voltattorni, Art director: Massimo Consorti